Impiego dei carri armati nella seconda guerra mondiale
Campagna di Francia - fronte occidentale - 1940
La Wehrmacht aveva studiato inizialmente un piano offensivo molto simile al vecchio Piano Schlieffen del 1913 questa strategia fu però rimpiazzata da un piano molto più audace e potenzialmente efficace, ideato dai generali Erich von Manstein e Heinz Guderian; esso era imperniato sulla massiccia concentrazione di unità corazzate nelle Ardenne, montagne ritenute impraticabili per i mezzi pesanti e perciò quasi sguarnite dagli alleati, che disponevano più a sud di un'imponente e famosissima linea difensiva fortificata la Linea Maginot, concepita proprio per fermare un'eventuale offensiva tedesca, dopodiché, i panzer dovevano sfondare la linea francese sulla Mosa e da lì sfruttare la loro mobilità per arrivare in pochi giorni alla Manica e accerchiare le truppe francesi, la BEF e l'esercito belga in Belgio. L'attacco si scatenò il 10 maggio 1940, con un'avanzata tedesca in Olanda e, soprattutto, con il contemporaneo inizio dell'offensiva nelle Ardenne: dopo aver superato deboli resistenze, le sette Panzer-Division del generale Ewald von Kleist attraversarono la Mosa tra il 13 e il 15 maggio a Dinant, a Monthermé e a Sedan. Tra il 14 e il 17 maggio si verificarono numerosi scontri tra i panzer, in avanzata a ovest della Mosa, e alcuni deboli reparti corazzati di riserva francesi, quasi tutti terminati con la sconfitta alleata. I carri francesi e inglesi, pur essendo per la maggior parte superiori alle controparti, erano infatti adoperati non riuniti e compatti come quelli tedeschi (PzKw I, PzKw II, PzKw III, PzKw IV, PzKw 35(t), PzKw 38(t)) , ma distribuiti in piccoli distaccamenti di scarsa consistenza tra la fanteria, a parte alcune divisioni blindate francesi che però vennero rapidamente battute. Paradossalmente la più grande battaglia di carri armati non si svolse sul fronte della Mosa ma più a nord, a Hannut e a Gembloux il 12 e il 13 maggio, dove due Panzer-Division superarono la dura resistenza di due divisioni leggere meccanizzate francesi, dando una notevole dimostrazione di superiorità. Dopo una pausa il 17 maggio, già il 20 maggio i panzer tedeschi raggiunsero la Manica, realizzando il previsto accerchiamento strategico degli alleati in Belgio e nelle Fiandre. Il 5 giugno le dieci Panzer-Division si spostavano a sud (Operazione Rot); una parte delle divisioni corazzate, dopo aver superato una debole resistenza, avanzò verso la Bretagna, un'altra parte verso la Loira e il Rodano, mentre il generale Guderian sarebbe presto arrivato in Alsazia e avrebbe accerchiato anche le truppe francesi di stanza sulla Maginot, neutralizzando la temutissima linea senza neanche attaccarla. Dal punto di vista delle forze meccanizzate, la campagna di Francia fu una pietra miliare: qui infatti si sviluppò la dottrina strategica nota come Blitzkrieg, la guerra lampo, incentrata sul bombardamento aereo tattico su obiettivi quali postazioni difensive, ponti, strade e linee di comunicazione, e soprattutto su una massiccia concentrazione di forze corazzate in un punto preciso del fronte, per garantire una penetrazione profonda e fulminea e accerchiare o distruggere il nemico prima che riuscisse ad organizzare una difesa efficace. La folgorante penetrazione tedesca diede fin dai primi giorni ai francesi l'impressione che forze nemiche fossero di numero enorme, arrivando a ipotizzare fino a 6000 panzer, quando in realtà erano 2434 riuniti in 10 Panzer-Division.Gli alleati, invece, dimostrarono varie carenze nell'impiego dei loro mezzi, sparpagliandoli per lo più tra i battaglioni di fanteria, a parte alcune inefficienti divisioni blindate e meccanizzate francesi e la incompleta 1ª Divisione corazzata britannica. Peraltro, in alcune occasioni, gli anglo-francesi seppero mettere in difficoltà i tedeschi; tra esse, la più notevole è il contrattacco britannico di Arras, sferrato nei pressi di questa città il 21 maggio 1940: un contingente di fanteria, appoggiato da due battaglioni corazzati britannici, attaccò il fianco destro tedesco, sguarnito per la grande distanza che intercorreva tra i veloci carri armati e la lenta fanteria, distanza che aveva lasciata scoperta una buona parte del fianco. Alla fine l'attacco venne respinto grazie alla fanteria motorizzata tedesca, ma preoccupò seriamente il maresciallo von Rundstedt, convinto che i britannici potessero tagliare fuori i suoi carri armati dal resto delle truppe. I britannici avevano scoperto perciò uno dei punti deboli della Blitzkrieg: la fulminea avanzata delle divisioni corazzate lasciava indietro la fanteria, creando un corridoio sfruttabile per un contrattacco sui fianchi del cuneo meccanizzato di penetrazione.
|
Dubno - fronte orientale - 1941
La battaglia di Dubno (conosciuta anche come battaglia di Brody o battaglia di Luc'k-Dubno) si svolse durante la prima settimana della Operazione Barbarossa. Si trattò del più grande scontro tra forze corazzate della prima fase della campagna sebbene poco conosciuto fu la più grande battaglia di carri della guerra fino alle battaglie di Kursk nel luglio 1943. La confusa e caotica battaglia si concluse con una vittoria delle temute Panzerdivision, ma le formazioni corazzate sovietiche diedero prova di grande coraggio e spirito di sacrificio, mettendo in difficoltà i più esperti panzer tedeschi. Le cinque divisioni corazzate del Panzergruppe 1 inizialmente penetrarono in profondità: il 3º Panzerkorps in direzione di Luc'k e il 48º Panzerkorps verso Dubno. Si trattava di una massa di circa 600 panzer (di cui 284 Panzer III e 80 Panzer IV) spinta in avanti a tutta velocità per sconvolgere il fronte sovietico e marciare audacemente su Žytomyr, Berdicev e poi Kiev. Le forze meccanizzate sovietiche nel settore meridionale erano molto numerose (otto corpi meccanizzati con quasi 5000 carri armati, principalmente di tipo leggero - T26 e BT, inferiori ai carri tedeschi - ma anche con più di 500 T34 e 280 KV1 e KV2) ma disperse su enormi distanze e non concentrate in raggruppamenti tattici pronti al contrattacco. Quindi l'attacco di sorpresa sconvolse la struttura di comando e controllo sovietica impedendo un impiego coordinato di queste ingenti e moderne forze corazzate. Il comando del fronte sovietico cercò freneticamente di concentrare i suoi corpi meccanizzati per sferrare una immediata controffensiva e schiacciare il cuneo corazzato tedesco. In attesa del concentramento generale, i due corpi meccanizzati più vicini alla prima linea (con 750 carri, tra cui 136 T34 e KV) contrattaccarono subito in modo confuso e slegato, finendo bersagliati dalla Luftwaffe e subendo dure perdite da parte delle unità anticarro delle divisioni di fanteria tedesche. Il 23 giugno il 15º corpo meccanizzato colpi sul fianco la 11 Panzer-Division ma venne respinto: i carri sovietici operavano in modo confuso e scoordinato, permettendo agli esperti panzer tedeschi di prevalere grazie alle loro abili manovre di squadra e al loro migliore addestramento che permetteva movimenti più veloci e un fuoco più preciso e rapido. Il 24 giugno anche il 22º corpo meccanizzato venne duramente respinto dalla 13. e 14. Panzer-Division. Dop questi primi scacchi, il comando sovietico decise di sferrare finalmente un attacco in forze sui due lati del cuneo corazzato tedesco , con il 9° , il 19° e i resti del 22° da nord e con il potente 8º corpo meccanizzato ( originariamente costituito da 900 carri armati di cui 170 T34 e KV) con il 15° e parte del 4º corpo meccanizzato da sud. Dal 24 al 30 giugno infuriò la vera e propria battaglia di Dubno. A nord i corpi meccanizzati sovietici ottennero qualche successo iniziale attaccando il fianco del 3º Panzerkorps nella regione di Luc'k, ma senza riuscire a sfondare e subendo pesanti perdite di fronte ai superiori panzer tedeschi e agli attacchi della Luftwaffe mentre a sud una audace puntata di un raggruppamento sovietico alle spalle del 48º Panzerkorps creò una situazione difficile per i tedeschi. I carristi sovietici diedero prova di grande coraggio e proseguirono in avanti senza curarsi delle comunicazioni, cercando di collegarsi con i corpi meccanizzati settentrionali e isolare le punte avanzate tedesche. La 11. Panzer-Division rimase praticamente isolata a est di Dubno e subì i violenti attacchi dell'8º corpo meccanizzato. I carri armati sovietici giunsero a 6 km di distanza li uni dagli altri e sfiorarono il successo ma alla fine la 16.Panzer-Division , in soccorso della 11.Panzer-Division, riuscì a mantenere aperto il corridoio, inflisse pesanti perdite all'8º e al 15º corpo meccanizzato e a isolare a sua volta la colonna sovietica che era avanzata audacemente nelle retrovie tedesche. A nord la 13. e la 14.Panzer-Division finirono per aver ragione dei corpi meccanizzati sovietici operanti nella zona di Luc'k. Il 30 giugno, le perdite sovietiche erano ormai insostenibili e il comando del fronte dovette ordinare la ritirata. Il Panzergruppe 1 perse oltre 100 carri armati nella battaglia di Dubno, mentre le perdite sovietiche (dovute non solo all'azione nemica, ma anche per il 50% a avarie meccaniche e scarsità di carburante, a causa delle enormi difficoltà logistiche e di controllo degli improvvisati e ingombranti corpi meccanizzati) furono molto più alte (fino a 3000 carri armati).
Operazione Crusader - Nordafrica - 1941
Dopo la distruzione della 10ª Armata l'Oberkommando des Heeres decise di inviare in Africa una divisione leggera al comando del Generale Rommel. Rommel, appena arrivato, senza attendere che i ranghi della divisione fossero completati ed in aperto contrasto con gli ordini ricevuti, lanciò un'offensiva contro le forze britanniche, riconquistando tutta la Cirenaica, eccetto la città di Tobruch, che rimase sotto assedio, e penetrando in Egitto fino al Passo Halfaya. Dopo un tentativo fallito nell'estate (operazione Battleaxe) le truppe britanniche tentarono un nuovo attacco in novembre, con lo scopo primario di liberare Tobruch dall'assedio. Rommel aveva sotto il comando diretto la 21ª Panzerdivision, la 15ª Panzerdivision che insieme alla 90. Leichtedivision formavano il Deutsches Afrika Korps. L'Operazione Crusader iniziò il 18 novembre, muovendo dal deserto verso la costa. Dopo una settimana di scontri e manovre il DAK riuscì a sconfiggere il 30 Corpo britannico, e si lanciò contro l'altro corpo dell'VIII Armata. Tuttavia il 27 novembre il DAK fu costretto a ritirarsi sulle basi di partenza da cui aveva iniziato la battaglia. Il 5 dicembre i carri dell'Asse erano solo cinquanta, e Rommel fu costretto ad abbandonare la Cirenaica, per aspettare nuovi rifornimenti e rinforzi. L'impiego dei carri da parte del DAK, che portò praticamente alla rotta del 30 Corpo, fu buono dal punto di vista tattico, in quanto i carri dell'Asse riuscirono sempre a concentrarsi contro le singole brigate britanniche, tuttavia il tentativo di superare "the wire" con il XIII Corpo ancora efficiente, fu un errore che Rommel pagò caro, trovandosi con le linee di rifornimento per i carri tagliate dai britannici e senza possibilità di ripianare le perdite, quindi non solo non riuscì a conquistare Tobruch, ma fu costretto a cedere anche Bengasi.
|
Ain el-Gazala - Nordafrica - 1942
Mentre la mobilità dei carri dell'Asse fu limitata unicamente dalle ricorrenti crisi di approvvigionamento di combustibile, spesso le brigate britanniche rimasero bloccate dalla mancanza di ordini o dall'arrivo di ordini contraddittori. Altra osservazione rilevante è che, mentre l'Asse operò con i carri armati come componente delle forze corazzate non si può dire lo stesso relativamente ai britannici. Quando fu necessario cercare di diminuire la pressione delle forze italo-tedesche sulla 150ª Brigata il piano britannico prevedeva che la fanteria avrebbe aperto la strada ai carri. Considerando che un'azione del genere alla luce del giorno era praticamente un suicidio, si rimandò alla notte fra il 1 ed il 2 giugno, perdendo così completamente le 24 ore critiche per la risoluzione della battaglia. Invece da parte dell'Asse furono le unità corazzate che si lanciarono in azioni avventate che avrebbero potuto avere conseguenze molto severe nei confronti di tutta l'operazione, come esempio di questo basta pensare all'ordine dato il 28 maggio alla 21ª Panzerdivision di avanzare fino alla costa, come se i britannici fossero già stati sconfitti. L'altro fatto che salta agli occhi leggendo i resoconti della battaglia è che, mentre le forze britanniche dopo ogni azione richiedevano almeno 24 ore per riorganizzarsi, le forze tedesche già alla fine di ogni azione erano pronte a riprendere l'offensiva dopo meno di 12 ore. Basta pensare che, dopo il combattimento disperato per distruggere la 150ª Brigata, già il 2 giugno la 90ª Leichtedivision marciava su Bir Hakeim. Lo scontro di carri più importante della battaglia si svolse tra l'11 e il 13 giugno 1942 tra el-Adem e il Knightsbridge, e vide la netta vittoria delle due Panzerdivision dell'Afrikakorps che, ben coordinate, manovrando in squadra e con una migliore organizzazione dei collegamenti, delle trasmissioni e della disciplina del fuoco, sconfissero progressivamente con un micidiale tiro incrociato le tre brigate corazzate inglesi che pur disponevano teoricamente di una certa superiorità numerica. Al termine degli scontri i britannici furono respinti verso Acroma e Tobruch dopo aver lasciato sul campo di battaglia oltre 200 carri armati distrutti. Si trattò della più pesante sconfitta delle forze corazzate britanniche in tutta la seconda guerra mondiale e confermò la superiorità delle tattiche combinate e flessibili tedesche rispetto ai più rigidi e schematici sistemi britannici.
|
El Alamein - Nordafrica - 1942
La battaglia di El Alamein in realtà riguarda tre diverse battaglie, avvenute con tempi e con modalità diverse.
Prima battaglia di El Alamein (1-3 luglio 1942)
Questa fu una battaglia di arresto condotta da quello che restava dell'VIII Armata contro il DAK proveniente da ovest. Quando Rommel arrivò davanti ad El Alamein aveva a disposizione in tutto 53 carri del DAK e 30 carri della 133ª Divisione corazzata "Littorio". Contrapposti a questi l' VIII Armata poteva schierare 252 carri, fra cui 43 M3 Grant. Rommel usò le sue poche forze per attaccare separatamente i due corpi britannici, decidendo di attaccare per primo il 30 Corpo nella speranza di sorprendere il nemico prima che potesse attestarsi a difesa. Questa speranza non si realizzò, anzi il DAK finì per scontrarsi contro una serie di posizioni fortificate e ben organizzate. La notte, a Rommel, restavano in tutto 37 carri, il giorno successivo il DAK fu fermato definitivamente da un contrattacco della 1ª Armoured Division, le truppe tedesche non raggiungeranno mai il mare oltre El Alamein. L'unica nota sull'impiego dei carri nel corso di questa battaglia è che, semplicemente, le linee di comunicazione dell'armata italo-tedesca si erano troppo allungate, quindi bastò una resistenza organizzata, anche se non ancora perfezionata come nelle settimane successive, a fermare definitivamente le colonne avanzate dell'Asse.
Seconda battaglia di El Alamein o battaglia di Alam Halfa (30 agosto - 5 settembre 1942)
La battaglia fu decisa dalla mancanza di carburante dei mezzi del DAK, tanto che l'unica unità che poté effettuare qualche forma di manovra fu la 15ª Panzerdivision, dato che tutto il carburante disponibile fu assegnata ad essa. Nel corso della battaglia i britannici furono superiori nella capacità di impegnare i carri armati in una battaglia difensiva, utilizzando ampiamente l'impiego dei carri a scafo sotto, cioè con gli scafi dei carri riparati dietro a ondulazioni del terreno naturali o artificiali, in modo che solo la torretta sporgesse, in questo modo i carri conservavano tutto il loro potere offensivo pur offrendo un bersaglio molto più ridotto ai carri nemici. Sotto questo aspetto la battaglia di Alam Halfa fu un netto progresso rispetto alle cariche allo scoperto effettuate dai carri britannici fino a pochi mesi prima.
Terza battaglia di El Alamein (23 ottobre - 4 novembre 1942)
Fu l'ultima battaglia, condotta dall' VIII Armata per distruggere le capacità operative dell'Armata Italo-Tedesca in Africa. All'inizio dell'offensiva la superiorità britannica in termini di carri armati era eclatante, non tanto per il numero, ma soprattutto perché gran parte dei carri britannici erano M3 Lee ed M4 Sherman, cioè i migliori carri disponibili per gli anglo-americani. Gli unici carri in grado di combattere ad armi pari con questi erano i Panzer IV F2, che erano solo 30 in tutto. La battaglia in sé fu la classica battaglia diretta sullo schwerpunkt (baricentro) del nemico. Le brigate corazzate britanniche furono impiegate a ondate contro le fanterie italo-tedesche e ogni volta che un'ondata era respinta ne sopraggiungeva un'altra. Dall'altra parte Rommel tentò di usare al meglio le forze a sua disposizione, ma, sebbene le perdite in carri fossero sensibilmente maggiori per i britannici, al termine dell'operazione Lightfoot, cioè il 25 ottobre, le perdite erano di 127 carri dell'Asse contro 215 britannici. Alla fine della battaglia le forze corazzate italo tedesche erano annientate, ma i britannici avevano perso più di 500 carri. Altri fattori che contribuirono al disastro ad El Alamein furono la superiorità aerea britannica, che praticamente permise di distruggere tutte le concentrazioni di armi anticarro tedesche. Ultima causa del disastro fu l'insensato ordine di Hitler del 3 novembre, che proibì a Rommel di ripiegare quando ancora avrebbe potuto creare uno schermo di forze mobili per proteggere la ritirata delle fanterie, condannando alla distruzione tutta l'armata.
Prima battaglia di El Alamein (1-3 luglio 1942)
Questa fu una battaglia di arresto condotta da quello che restava dell'VIII Armata contro il DAK proveniente da ovest. Quando Rommel arrivò davanti ad El Alamein aveva a disposizione in tutto 53 carri del DAK e 30 carri della 133ª Divisione corazzata "Littorio". Contrapposti a questi l' VIII Armata poteva schierare 252 carri, fra cui 43 M3 Grant. Rommel usò le sue poche forze per attaccare separatamente i due corpi britannici, decidendo di attaccare per primo il 30 Corpo nella speranza di sorprendere il nemico prima che potesse attestarsi a difesa. Questa speranza non si realizzò, anzi il DAK finì per scontrarsi contro una serie di posizioni fortificate e ben organizzate. La notte, a Rommel, restavano in tutto 37 carri, il giorno successivo il DAK fu fermato definitivamente da un contrattacco della 1ª Armoured Division, le truppe tedesche non raggiungeranno mai il mare oltre El Alamein. L'unica nota sull'impiego dei carri nel corso di questa battaglia è che, semplicemente, le linee di comunicazione dell'armata italo-tedesca si erano troppo allungate, quindi bastò una resistenza organizzata, anche se non ancora perfezionata come nelle settimane successive, a fermare definitivamente le colonne avanzate dell'Asse.
Seconda battaglia di El Alamein o battaglia di Alam Halfa (30 agosto - 5 settembre 1942)
La battaglia fu decisa dalla mancanza di carburante dei mezzi del DAK, tanto che l'unica unità che poté effettuare qualche forma di manovra fu la 15ª Panzerdivision, dato che tutto il carburante disponibile fu assegnata ad essa. Nel corso della battaglia i britannici furono superiori nella capacità di impegnare i carri armati in una battaglia difensiva, utilizzando ampiamente l'impiego dei carri a scafo sotto, cioè con gli scafi dei carri riparati dietro a ondulazioni del terreno naturali o artificiali, in modo che solo la torretta sporgesse, in questo modo i carri conservavano tutto il loro potere offensivo pur offrendo un bersaglio molto più ridotto ai carri nemici. Sotto questo aspetto la battaglia di Alam Halfa fu un netto progresso rispetto alle cariche allo scoperto effettuate dai carri britannici fino a pochi mesi prima.
Terza battaglia di El Alamein (23 ottobre - 4 novembre 1942)
Fu l'ultima battaglia, condotta dall' VIII Armata per distruggere le capacità operative dell'Armata Italo-Tedesca in Africa. All'inizio dell'offensiva la superiorità britannica in termini di carri armati era eclatante, non tanto per il numero, ma soprattutto perché gran parte dei carri britannici erano M3 Lee ed M4 Sherman, cioè i migliori carri disponibili per gli anglo-americani. Gli unici carri in grado di combattere ad armi pari con questi erano i Panzer IV F2, che erano solo 30 in tutto. La battaglia in sé fu la classica battaglia diretta sullo schwerpunkt (baricentro) del nemico. Le brigate corazzate britanniche furono impiegate a ondate contro le fanterie italo-tedesche e ogni volta che un'ondata era respinta ne sopraggiungeva un'altra. Dall'altra parte Rommel tentò di usare al meglio le forze a sua disposizione, ma, sebbene le perdite in carri fossero sensibilmente maggiori per i britannici, al termine dell'operazione Lightfoot, cioè il 25 ottobre, le perdite erano di 127 carri dell'Asse contro 215 britannici. Alla fine della battaglia le forze corazzate italo tedesche erano annientate, ma i britannici avevano perso più di 500 carri. Altri fattori che contribuirono al disastro ad El Alamein furono la superiorità aerea britannica, che praticamente permise di distruggere tutte le concentrazioni di armi anticarro tedesche. Ultima causa del disastro fu l'insensato ordine di Hitler del 3 novembre, che proibì a Rommel di ripiegare quando ancora avrebbe potuto creare uno schermo di forze mobili per proteggere la ritirata delle fanterie, condannando alla distruzione tutta l'armata.
Operazioni Urano e Piccolo Saturno - fronte orientale - Novembre-Dicembre 1942
L'operazione Urano e l'operazione Piccolo Saturno si svolsero nel settore meridionale del fronte orientale nel periodo della lunga e decisiva battaglia di Stalingrado. Le forze dell'Asse erano piuttosto deboli numericamente e inoltre vennero impiegate in modo confuso e disorganico; le Panzer-Division disponibili, pur tatticamente superiori, si esaurirono in continui interventi di "salvataggio" di fronte alle audaci incursioni in profondità dei carri armati sovietici senza ottenere alcun risultato significativo. In particolare il 48º Panzerkorps venne mandato allo sbaraglio per bloccare l'irruzione sovietica, ricevendo direttive confuse e avendo perso gli automezzi da ricognizione e comunicazione. I carri armati sovietici, invece di farsi agganciare e decimare dai più abili panzer tedeschi, affrontarono con una parte delle forze il nemico, mentre altre colonne lo aggirarono, lo accerchiarono e lo tagliarono fuori dalle retrovie, di conseguenza, i panzer, pur dimostrando la consueta abilità, furono costretti a battere in ritirata, subendo pesanti perdite e fallendo completamente nella loro missione. Senza più alcun ostacolo, i corpi corazzati sovietici proseguirono in profondità, lasciando da parte i vari nuclei di resistenza e puntarono verso gli obiettivi strategici più importanti (il Don a Kalac e Golubinskij) completando in soli cinque giorni la manovra di accerchiamento della 6. Armata. I carri armati sovietici erano progettati per essere molto flessibili e tatticamente avevano come primo obbiettivo la distruzione delle truppe che occupavano i punti nodali delle retrovie e la conquista dei comandi. Viceversa i carri tedeschi andavano specializzandosi nel compito del controcarro, aumentando di peso e diminuendo la dotazione di proiettili esplosivi. Questa differenza di tattiche e di orientamenti industriali e si incontrerà in tutte le successive battaglie del fronte orientale, ove i carri tedeschi riusciranno in genere ad ottenere un numero di vittorie superiore sulla controparte sovietica, mentre i carri sovietici utilizzeranno la loro maggiore mobilità per distruggere le truppe nemiche in ritirata, cannoneggiare comandi o aeroporti e attaccare alle spalle l'artiglieria pesante nemica. Anche la scelta degli armamenti principali dei carri sovietici contribuì alla scelta di queste tattiche: il T 34 fu armato dapprima con il cannone F34 da 76,2 e poi con il cannone M 1939 da 85/55 di derivazione antiaerea affidabili, potenti e precise scelte perché potevano sparare granate fumogene e a frammentazione. Viceversa solo alcune centinaia di T 34 furono armati con il cannone Zis 4 M 1943 da 57/73 con proiettili ad altissima velocità in grado di perforare alle distanze di combattimento normali tutti i carri tedeschi.Un esempio famoso dell'impiego audace delle forze corazzate sovietiche fu la fulminea avanzata in profondità del 24º Corpo corazzato durante l'Operazione Piccolo Saturno. La spettacolare impresa valse grandi onori al comandante del reparto e alla formazione corazzata e soprattutto ottenne l'obiettivo strategico occupando l'importante aeroporto di Tatsjnskaja, distruggendo a terra numerosi velivoli tedeschi disorganizzando completamente le retrovie nemiche e vanificando i tentativi tedeschi di controffensiva in direzione della VI Armata accerchiata. L'avanzata profonda sovietica costò gravi perdite al corpo corazzato che venne contrattaccato da due Panzer-Division frettolosamente dirottate da altri fronti solo i resti riuscirono a sfuggire e a ricongiungersi con le altre formazioni sovietiche in avanzata. Con il sacrificio di gran parte di un valoroso corpo corazzato, l'Armata Rossa aveva conseguito il suo obiettivo strategico principale cioè il crollo dello schieramento dell'Asse sul Medio Don e l'interruzione del tentativo di salvataggio di Stalingrado.
Terza battaglia di Char'kov - fronte orientale - Febbraio-Marzo 1943
La battaglia fu combattuta nel febbraio-marzo 1943, nella fase successiva alla distruzione definitiva della VI Armata tedesca a Stalingrado.
La situazione della Wehrmacht, dopo l'Operazione Urano appariva quasi disperata. Dopo i clamorosi successi ottenuti e di fronte al progressivo cedimento di tutte le forze tedesche del settore meridionale del fronte orientale, Stalin e i suoi generali decisero di ampliare ulteriormente la loro offensiva, contando di ottenere un risultato decisivo e forse anche di provocare un crollo irreversibile dell'Esercito tedesco. Quindi, le colonne corazzate sovietiche furono spinte continuamente in avanti con obiettivo la costa del Mar Nero e le rive del Dniepr e della Desna. In realtà, la continua avanzata stava progressivamente indebolendo le forze sovietiche; le colonne dell'Armata Rossa divenivano vulnerabili, mentre le comunicazioni si allungavano, i rifornimenti erano precari e insufficienti e le forze corazzate di punta erano in costante diminuzione numerica a causa delle perdite, dell'usura e della mancanza di rimpiazzi. A metà febbraio i corpi corazzati sovietici contavano su un numero di carri armati particolarmente scarso: il Gruppo Popov aveva solo 53 carri, la 6.Armata disponeva di 150 carri armati in marcia sul Dniepr, la 3.Armata corazzata era ridotta a 60 carri. In queste condizioni, il feldmaresciallo von Manstein con grande abilità operativa, fu in grado di radunare una forza corazzata superiore (circa 500 carri armati) e a impiegarla magistralmente per colpire le retrovie e i fianchi dei sovietici, rimescolando continuamente i suoi raggruppamenti tattici in modo da ottenere sempre la superiorità numerica locale sul campo. Le varie colonne corazzate sovietiche furono sbaragliate in successione dai Panzerkorps tedeschi che von Manstein giostrò agilmente per il campo di battaglia. Le Panzerdivision, in continuo combattimento da dicembre e spesso costituite solo da poche decine di carri armati ciascuna, sferrarono attacchi alle linee di comunicazione e alle colonne di rifornimento del nemico, costringendo i carri sovietici o a tentare disperati ripiegamenti o ad abbandonare e sabotare i mezzi sul campo e ripiegare a piedi. La battaglia si frazionò in brevi scontri improvvisi tra piccoli gruppi di carri armati in cui la maggiore rapidità e il miglior addestramento degli equipaggi permise, di regola, ai panzer tedeschi di prevalere, nonostante il coraggio e lo spirito di sacrificio delle forze corazzate russe. Dopo aver sconfitto le forze sovietiche che minacciavano le sue retrovie e avanzavano verso il Dniepr, von Manstein poté concentrarsi sulla ricattura di Char'kov, importante centro logistico e industriale, che aveva dovuto abbandonare all'inizio della battaglia. Una serie di intensi combattimenti che durarono cinque giorni consecutivi restituì alla Wehrmacht il controllo della città, decretando il totale successo della controffensiva che inflisse pesanti perdite (oltre 700 carri armati distrutti e circa 100.000 uomini) e arrestò bruscamente l'avanzata sovietica. La battaglia sarebbe dovuta riprendere al più presto, non appena il terreno avesse ripreso compattezza. L'incertezza di Hitler nelle decisioni militari posticipò la ripresa delle operazioni fino a luglio, quando ormai il comando supremo russo aveva eretto attorno a Kursk una poderosa cortina difensiva. Deve comunque essere ricordato che l'Armata Rossa aveva rinforzato già alla fine di marzo il settore meridionale del saliente di Kursk pertanto non è affatto certo che una offensiva tedesca anticipata avrebbe ottenuto una sicura vittoria, dato che, inoltre, anche le forze corazzate tedesche sarebbero state molto meno consistenti che in luglio.
La situazione della Wehrmacht, dopo l'Operazione Urano appariva quasi disperata. Dopo i clamorosi successi ottenuti e di fronte al progressivo cedimento di tutte le forze tedesche del settore meridionale del fronte orientale, Stalin e i suoi generali decisero di ampliare ulteriormente la loro offensiva, contando di ottenere un risultato decisivo e forse anche di provocare un crollo irreversibile dell'Esercito tedesco. Quindi, le colonne corazzate sovietiche furono spinte continuamente in avanti con obiettivo la costa del Mar Nero e le rive del Dniepr e della Desna. In realtà, la continua avanzata stava progressivamente indebolendo le forze sovietiche; le colonne dell'Armata Rossa divenivano vulnerabili, mentre le comunicazioni si allungavano, i rifornimenti erano precari e insufficienti e le forze corazzate di punta erano in costante diminuzione numerica a causa delle perdite, dell'usura e della mancanza di rimpiazzi. A metà febbraio i corpi corazzati sovietici contavano su un numero di carri armati particolarmente scarso: il Gruppo Popov aveva solo 53 carri, la 6.Armata disponeva di 150 carri armati in marcia sul Dniepr, la 3.Armata corazzata era ridotta a 60 carri. In queste condizioni, il feldmaresciallo von Manstein con grande abilità operativa, fu in grado di radunare una forza corazzata superiore (circa 500 carri armati) e a impiegarla magistralmente per colpire le retrovie e i fianchi dei sovietici, rimescolando continuamente i suoi raggruppamenti tattici in modo da ottenere sempre la superiorità numerica locale sul campo. Le varie colonne corazzate sovietiche furono sbaragliate in successione dai Panzerkorps tedeschi che von Manstein giostrò agilmente per il campo di battaglia. Le Panzerdivision, in continuo combattimento da dicembre e spesso costituite solo da poche decine di carri armati ciascuna, sferrarono attacchi alle linee di comunicazione e alle colonne di rifornimento del nemico, costringendo i carri sovietici o a tentare disperati ripiegamenti o ad abbandonare e sabotare i mezzi sul campo e ripiegare a piedi. La battaglia si frazionò in brevi scontri improvvisi tra piccoli gruppi di carri armati in cui la maggiore rapidità e il miglior addestramento degli equipaggi permise, di regola, ai panzer tedeschi di prevalere, nonostante il coraggio e lo spirito di sacrificio delle forze corazzate russe. Dopo aver sconfitto le forze sovietiche che minacciavano le sue retrovie e avanzavano verso il Dniepr, von Manstein poté concentrarsi sulla ricattura di Char'kov, importante centro logistico e industriale, che aveva dovuto abbandonare all'inizio della battaglia. Una serie di intensi combattimenti che durarono cinque giorni consecutivi restituì alla Wehrmacht il controllo della città, decretando il totale successo della controffensiva che inflisse pesanti perdite (oltre 700 carri armati distrutti e circa 100.000 uomini) e arrestò bruscamente l'avanzata sovietica. La battaglia sarebbe dovuta riprendere al più presto, non appena il terreno avesse ripreso compattezza. L'incertezza di Hitler nelle decisioni militari posticipò la ripresa delle operazioni fino a luglio, quando ormai il comando supremo russo aveva eretto attorno a Kursk una poderosa cortina difensiva. Deve comunque essere ricordato che l'Armata Rossa aveva rinforzato già alla fine di marzo il settore meridionale del saliente di Kursk pertanto non è affatto certo che una offensiva tedesca anticipata avrebbe ottenuto una sicura vittoria, dato che, inoltre, anche le forze corazzate tedesche sarebbero state molto meno consistenti che in luglio.
Sidi Bou Zid e Kasserine - Nordafrica - Febbraio 1943
Il giorno 8 novembre 1942, mentre Rommel si ritirava da El Alamein, unità statunitensi sbarcavano in Algeria e Marocco. Nonostante gli ordini del generale Pétain, che aveva ordinato di resistere all'attacco, le autorità algerine si arresero in 24 ore, mentre quelle marocchine resistettero 74 ore, quindi in pochi giorni gli Alleati arrivavano ai confini con la Tunisia. Nel frattempo l'Asse trasportava uomini e mezzi attraverso il Canale di Sicilia per fermare gli Alleati. Il 26 gennaio 1943 le truppe di Rommel arrivavano alla linea del Mareth e qui si attestavano a difesa, aspettando l'arrivo delle forze britanniche. Mentre l' VIII Armata si accostava alla Linea del Mareth, Rommel ritirò la 21ª Panzer-Division dalla linea di difesa contro gli inglesi e la rischierò rapidamente a ovest dove sferrò una controffensiva contro le inesperte forze americane nella regione di Kasserine, nodo stradale sulla Grande Dorsale che separa Tunisia ed Algeria. L'Operazione Fruhlingswind che sarebbe iniziata il 14 febbraio 1943, avrebbe rappresentato l'ultima offensiva dell'Asse in Africa e un'ultima spettacolare vittoria delle forze corazzate tedesche. Il primo confronto diretto della 1ª Armoured Division americana contro le esperte unità corazzate tedesche, fu disastroso: gli statunitensi vennero colti di sorpresa a Passo Faid e a Sidi Bou Azid e, attaccati da due lati dalla 10.Panzer-Division e dalla 21.Panzer-Division, vennero bersagliati e sbaragliati. Il tentativo da parte delle riserve corazzate americane, di contrattaccare finì in un disastro ancor peggiore: attaccando allo scoperto, a grande velocità, e senza preventiva ricognizione delle posizioni nemiche, i carri armati americani rivelarono subito la loro presenza e vennero decimati dai panzer posizionati sui fianchi; accerchiato, un battaglione corazzato americano venne totalmente distrutto dal micidiale fuoco convergente degli esperti panzer tedeschi. Fu quella che i tedeschi chiamavano Panzerwarte, le perdite americane furono pesanti e la disfatta umiliante. Le forze americane superstiti si ritirarono di quasi 100 km, lasciando in mano ai tedeschi ingenti quantità di materiali ed abbandonando Kasserine e Sbeitla. A questo punto sorgevano dissensi fra Rommel e von Arnim relativamente alla prosecuzione della battaglia. Mentre Rommel avrebbe voluto superare la Grande Dorsale per ricacciare in mare gli alleati, von Arnim avrebbe voluto fermarsi ed attestarsi a difesa. In questo modo si persero giorni preziosi, e, quando Rommel passò nuovamente all'offensiva, la 6ª Divisione corazzata britannica fermò le sue truppe a Thala e LeKef. L'arrivo dell'VIII Armata di Montgomery sul Mareth tolse ogni speranza di poter ottenere un successo strategico decisivo.
Kursk - fronte orientale - 4-13 luglio 1943
Dopo la battaglia di Stalingrado, i successivi contrattacchi tedeschi avevano creato una penetrazione nel fronte tedesco in corrispondenza della città ucraina di Kursk: era ben prevedibile un tentativo della Wehrmacht di recidere questa penetrazione alla base e fin da marzo l'Armata Rossa si stava preparando a fortificarla. Le informazioni venute dalla spia "Lucy" confermarono le intenzioni dell'OKW, quindi i sovietici ammassarono grosse unità corazzate pronte a muovere verso la penetrazione. L'offensiva tedesca doveva iniziare a metà giugno, ma fu rinviata di due settimane per aspettare che potessero essere schierati i PzKpfw V Panther, da cui si attendevano grandi cose, come dai Panzerjäger Ferdinand. All'inizio dell'offensiva le unità tedesche avevano 690 carri e 370 cacciacarri a nord e 1298 carri con 253 cacciacarri a sud. Di fronte avevano 3300 carri di cui la maggior parte erano T-34, SU-122, qualche SU-152 e M3 Lee ottenuti dagli Usa con il trattato Lend-Lease, altri 1550 carri erano pronti in riserva. L'offensiva iniziò il 4 luglio, sia a nord sia a sud della penetrazione. L'offensiva da nord, condotta principalmente da unità di fanteria meccanizzata, non portò a grandi scontri di carri, dato che le divisioni tedesche dovettero lottare più con l'artiglieria anticarro, accuratamente fortificata, che con i carri sovietici. Quando l'Armata Rossa riprese l'offensiva l'11 luglio le forze tedesche furono ricacciate sulle basi di partenza in due giorni. Diversamente andarono le cose a sud, dove erano presenti le migliori divisioni corazzate tedesche: le tre divisioni meccanizzate Waffen-SS, 1ª SS Panzer Leibstandarte Adolf Hitler, 2ª SS Panzer Das Reich, 3ª SS Panzer Totenkopf; e le divisioni della Wehrmacht, 3ª Panzer, 6ª Panzer, 7ª Panzer, 19ª Panzer, Panzergrenadier-Division Grossdeutschland. Un progresso continuo, seppure lento, delle forze corazzate tedesche costrinse l'Armata Rossa a tentare un primo contrattacco fallito l'11 luglio. Il 12 luglio la V Armata della Guardia incontrava presso Prochorovka i corazzati tedeschi. Ne seguì una grande battaglia di carri tra circa 400 panzer del Panzerkorps-SS e gli 850 carri armati della V Armata corazzata della Guardia. Gli scontri furono molto duri; i carri armati russi manovrarono alla massima velocità per serrare rapidamente le distanze e affrontare i panzer tedeschi a distanza ravvicinata. La tattica fu molto costosa per i sovietici ma anche i tedeschi subirono perdite e soprattutto furono costretti alla difensiva, dovettero cedere terreno in alcuni settori e persero ogni speranza di continuare l'offensiva di fronte alle inesauribili e valorose forze corazzate del nemico. Le perdite finali delle due parti nel periodo 5-23 luglio 1943 furono altissime: i sovietici persero oltre 1600 carri armati, mentre l'esercito tedesco lamentò la distruzione totale di circa 350 carri. L'entità delle perdite, la irriducibile volontà di resistenza e anche di controffensiva delle forze nemiche indussero Hitler a decidere l'abbandono dell'offensiva di Kursk e il passaggio alla difensiva. L'ultimo tentativo tedesco era fallito.
|
|
Quarta battaglia di Char'kov - fronte orientale - 3-23 agosto 1943
Dopo la battaglia di Kursk, le Panzer-Divisionen migliori della Wehrmacht e delle Waffen-SS ancora efficienti, si batterono valorosamente per contrastare la nuova offensiva in massa sovietica verso Char'kov; le armate corazzate sovietiche disponevano di una netta superiorità numerica e vennero impiegate in masse concentrate per schiacciare tutte le resistenze. Ne seguirono i furiosi scontri tra carri armati di Akhtyrka tra la Panzergrenadier-Division Großdeutschland, la 7. Panzer-Division, i Panther del gruppo Lauchert e i Corpi corazzati sovietici IV e V della Guardia, II, X corazzati, III meccanizzato e una parte della I Armata corazzata; di Bogodukhov tra le tre divisioni SS "Das Reich", "Totenkopf", "Wiking",rafforzate dalla 3. Panzer-Division, e il grosso della 1. e della 5. Armate corazzate della Guardia; e di Ljubotin tra la "Das Reich",la "Wiking" e i Tiger del sPzAbt. 503 e la V Armata corazzata della Guardia. Furono battaglie furibonde e sanguinose, altrettanto violente di quella di Prokhorovka; i panzer evidenziarono una chiara superiorità tattica e anche tecnica; ma gli equipaggi dei carri armati sovietici, impiegati spesso in modo meno abile, mostrarono coraggio e combattività inesauribile riuscendo alla fine a fiaccare le controffensive tedesche, costringendole a desistere e a abbandonare la difesa di Char'kov (che venne liberata il 23 agosto 1943).
Operazione Bagration - fronte orientale - 1944
In termini di carri armati ciò che è interessante è che i sovietici utilizzarono i loro carri in massa, con un supporto decisivo di fanteria meccanizzata. Anche se alcuni considerano l'operazione sovietica come un esempio di Blitzkrieg, si deve notare che in realtà i sovietici operarono su ben sei punti principali e che le brecce aperte nello schieramento tedesco ebbero generalmente una larghezza superiore alla profondità di penetrazione nello schieramento nemico. La tattica di contrasto utilizzata dai tedeschi nel corso delle prime settimane, cioè basarsi su capisaldi posti sui nodi stradali, quindi nelle principali città, alla luce dei fatti appare estremamente inefficiente, tuttavia bisogna considerare che il terreno su cui si svolse l'offensiva russa era coperto da paludi e acquitrini, quindi una manovra fuori strada avrebbe comportato notevoli rallentamenti all'afflusso di rifornimenti alla prima linea, rallentando quindi l'avanzata in profondità dell'attaccante a 20-30 km al giorno. In realtà le forze sovietiche che parteciparono all'operazione erano ben fornite di autocarri che permetteva loro di operare anche su terreni non preparati, permettendo quindi velocità di avanzamento che arrivarono anche a 70 km al giorno. Da parte loro i tedeschi, oltre ai tipi di carri indicati, utilizzarono abbondantemente, specie a partire dal luglio, i cacciacarri, cioè veicoli armati con pezzo in casamatta, destinati ad operare come artiglieria controcarro semovente. I tipi più diffusi di caccia-carri erano gli Sturmgeschütz III della serie 40. Sul campo di battaglia, le tattiche dei numerosi corpi corazzati sovietici si fondarono sulle rapide manovre offensive in profondità, operando su diverse direttrici convergenti sulla città di Minsk, aggirando i cosiddetti "frangiflutti" di Hitler e impegnando le scarse riserve corazzate tedesche con solo una parte delle forze, mentre altre colonne proseguivano in avanti per chiudere la manovra di accerchiamento. In questo modo, mentre la valorosa 5. Panzer-Division si batteva strenuamente per fermare la progressione della potente V Armata corazzata della Guardia da nord-est, altre formazioni corazzate sovietiche avanzarono indisturbate da est e da sud, travolsero le difese tedesche e si ricongiunsero a Minsk ottenendo l'obiettivo strategico decisivo.
Operazione Goodwood - fronte occidentale - 18 luglio 1944 - 20 luglio 1944
Durante la lunga e combattuta battaglia di Normandia, la maggior parte degli scontri tra mezzi corazzati si verificarono nel settore orientale del fronte, dove erano schierate le forze anglo-canadesi del generale Miles Dempsey con il compito di conquistare Caen e avanzare in profondità verso Falaise, in cooperazione con le forze americane della I Armata del generale Omar Bradley. I ripetuti tentativi da parte del generale Montgomery non vennero tuttavia coronati da grandi successi; le migliori Panzer-Divisionen della Wehrmacht e delle Waffen-SS furono concentrate nel settore britannico e si difesero aspramente contendendo il terreno e infliggendo dure perdite, anche se non furono in grado di sferrare grandi contrattacchi operativi per ributtare in mare le forze nemiche. Dopo il fallimento di una manovra aggirante, a ovest di Caen, da parte della 7ª Divisione corazzata respinta a Villers-Bocage dall'intervento di carri pesanti Tiger, per quasi un mese le truppe alleate dovettero sostenere una sanguinosa e lenta battaglia frontale che le portò all'interno della città, ma al prezzo di perdite elevatissime. Infine il 18 luglio il generale Montgomery diede il via alla ambiziosa operazione Goodwood, una grande offensiva a est di Caen, a partire dalla testa di ponte sull'Orne, preceduta da un massiccio bombardamento aereo, con tutte e tre le divisioni corazzate britanniche concentrate per sfondare finalmente il fronte tedesco e aprirsi la strada verso Falaise. L'impiego di una grande massa di forze corazzate in uno spazio troppo ristretto, con conseguenti difficoltà logistiche, ritardi nella tabella di marcia e confusione nello schieramento, non ottenne il successo atteso dal generale Montgomery. Avanzando allo scoperto su un terreno pianeggiante, i mezzi corazzati britannici, pur favoriti dalla superiorità numerica e dagli effetti del devastante bombardamento aereo iniziale, subirono costantemente gravose perdite, ad opera prima dei cannoni anti-carro delle divisioni fanteria tedesche e dei cannoni anti-aerei della FlaK, poi dei carri armati della 21. Panzer-Division, e infine dei contrattacchi della 1. SS-Panzer-Division e della 12. SS-Panzer-Division che indebolirono ulteriormente le forze inglesi, fiaccandone le spinta offensiva e costringendole a desistere già il 20 luglio da ulteriori avanzate. I britannici guadagnarono terreno ma non effettuarono lo sfondamento atteso, subendo invece la perdita di quasi 400 carri armati a fronte di meno di 100 mezzi corazzati tedeschi distrutti. L'operazione Goodwood terminò con una grande delusione per i britannici. L'unico, importante vantaggio conseguito dagli Alleati fu quello di impegnare buona parte delle riserve operative mobili del Panzergruppe Westnel sul settore orientale britannico della testa di ponte normanna, favorendo quindi grandemente gli americani che attaccarono il successivo 25 luglio, preceduti da un bombardamento intensivo a tappeto nei pressi di St.Lo-Avranches, riuscendo, grazie anche la debolezza delle difese tedesche nel loro settore, a sfondare definitivamente le linee dell'invasionfront.
Avranches-Mortain - fronte occidentale - 6 agosto 1944 - 13 agosto 1944
Il completo successo dell'Operazione Cobra, e il conseguente sfondamento delle fronte tedesco nel settore occidentale della testa di ponte in Normandia, da parte delle potenti forze americane del generale Omar Bradley, coronato il 1 agosto 1944 dalla importante conquista di Avranches, spinse il quartier generale di Hitler ad organizzare un' immediata e massiccia controffensiva per colpire, con una audace manovra sul fianco del cuneo di penetrazione americano, il nemico ancora in fase di avanzata. La difficile e quasi disperata missione venne affidata alla VII Armata comandata dal generale delle SS Paul Hausser, inquadrata nel Gruppo d'armate B del feldmaresciallo Günther von Kluge.
L'offensiva ricevette il nome convenzionale di Operazione Lüttich; teoricamente, ad essa dovevano prendere parte almeno otto Panzerdivision ma solamente la 2. Panzer-Division, la 116. Panzer-Division e le due divisioni delle Waffen-SS "Das Reich" e "Leibstandarte" vennero effettivamente raggruppate per l'attacco, insieme a due divisioni di fanteria dell'Esercito e a cinque Kampfgruppe che riunivano i resti di quattro divisioni di fanteria e della Panzer Lehr. Per garantirsi la totale sorpresa l'attacco tedesco non venne preceduto dall'usuale bombardamento di artiglieria, lo stratagemma venne però vanificato dalla decodifica degli ordini cifrati tedeschi che informò gli ufficiali statunitensi dell'ora e dell'obiettivo dell'offensiva. Nelle prime ore dell'attacco dense nebbie e foschie protessero l'iniziale avanzata germanica; nonostante ritardi e carenze logistiche, le unità di punta della 2. Panzer-Division e della 2. SS "Das Reich" ottennero buoni successi: la "Das Reich" accerchiò un battaglione americano a Mortain, mentre la 2. Panzer arrivò pericolosamente in vista di Avranches, minacciando di tagliare lo stretto passaggio delle forze americane in fase di sfruttamento sia verso ovest che verso sud-est. Nonostante questo inizio promettente il 7 agosto, i tedeschi si trovarono però presto in difficoltà: le altre formazioni corazzate erano in ritardo o non entrarono affatto in azione; con il miglioramento del tempo e della visibilità le forze aeree tattiche alleate, dotate di una schiacciante superiorità sui pochi caccia disponibili della Luftwaffe, martellarono incessantemente le forze corazzate tedesche colte allo scoperto, potenti formazioni mobili americane della 2ª Divisione corazzata e della 3ª Divisione corazzata passarono presto al contrattacco sul fianco della penetrazione tedesca. L'8 agosto 1944 vide l'impulso offensivo tedesco seriamente compromesso a causa dei contrattacchi americani, dello sfondamento della III Armata del generale George Patton in direzione della Bretagna e di Le Mans e dell'inizio dell'Operazione Totalize nel settore britannico, che mettevano in crisi nel complesso tutto il sistema difensivo del feldmaresciallo von Kluge. L'ormai irrealistico ordine di Hitler di rinnovare l'offensiva con il supporto della 9. Panzer-Division non fece che peggiorare la situazione per i tedeschi, che si attardarono nel settore di Mortain, favorendo le manovre alleate che avrebbero portato alla chiusura della sacca di Falaise e alla sconfitta definitiva della Wehrmacht in Normandia. L'offensiva tedesca di Mortain, per quanto priva di conseguenze negative per gli alleati nel quadro della campagna di Normandia, convinse tuttavia Hitler della fatale vulnerabilità delle truppe corazzate nei confronti degli Jabo alleati. Il dittatore tedesco tenne conto di ciò quando diramò le istruzioni per la futura Operazione Herbstnebel, la famosa "offensiva delle Ardenne".
L'offensiva ricevette il nome convenzionale di Operazione Lüttich; teoricamente, ad essa dovevano prendere parte almeno otto Panzerdivision ma solamente la 2. Panzer-Division, la 116. Panzer-Division e le due divisioni delle Waffen-SS "Das Reich" e "Leibstandarte" vennero effettivamente raggruppate per l'attacco, insieme a due divisioni di fanteria dell'Esercito e a cinque Kampfgruppe che riunivano i resti di quattro divisioni di fanteria e della Panzer Lehr. Per garantirsi la totale sorpresa l'attacco tedesco non venne preceduto dall'usuale bombardamento di artiglieria, lo stratagemma venne però vanificato dalla decodifica degli ordini cifrati tedeschi che informò gli ufficiali statunitensi dell'ora e dell'obiettivo dell'offensiva. Nelle prime ore dell'attacco dense nebbie e foschie protessero l'iniziale avanzata germanica; nonostante ritardi e carenze logistiche, le unità di punta della 2. Panzer-Division e della 2. SS "Das Reich" ottennero buoni successi: la "Das Reich" accerchiò un battaglione americano a Mortain, mentre la 2. Panzer arrivò pericolosamente in vista di Avranches, minacciando di tagliare lo stretto passaggio delle forze americane in fase di sfruttamento sia verso ovest che verso sud-est. Nonostante questo inizio promettente il 7 agosto, i tedeschi si trovarono però presto in difficoltà: le altre formazioni corazzate erano in ritardo o non entrarono affatto in azione; con il miglioramento del tempo e della visibilità le forze aeree tattiche alleate, dotate di una schiacciante superiorità sui pochi caccia disponibili della Luftwaffe, martellarono incessantemente le forze corazzate tedesche colte allo scoperto, potenti formazioni mobili americane della 2ª Divisione corazzata e della 3ª Divisione corazzata passarono presto al contrattacco sul fianco della penetrazione tedesca. L'8 agosto 1944 vide l'impulso offensivo tedesco seriamente compromesso a causa dei contrattacchi americani, dello sfondamento della III Armata del generale George Patton in direzione della Bretagna e di Le Mans e dell'inizio dell'Operazione Totalize nel settore britannico, che mettevano in crisi nel complesso tutto il sistema difensivo del feldmaresciallo von Kluge. L'ormai irrealistico ordine di Hitler di rinnovare l'offensiva con il supporto della 9. Panzer-Division non fece che peggiorare la situazione per i tedeschi, che si attardarono nel settore di Mortain, favorendo le manovre alleate che avrebbero portato alla chiusura della sacca di Falaise e alla sconfitta definitiva della Wehrmacht in Normandia. L'offensiva tedesca di Mortain, per quanto priva di conseguenze negative per gli alleati nel quadro della campagna di Normandia, convinse tuttavia Hitler della fatale vulnerabilità delle truppe corazzate nei confronti degli Jabo alleati. Il dittatore tedesco tenne conto di ciò quando diramò le istruzioni per la futura Operazione Herbstnebel, la famosa "offensiva delle Ardenne".
|
|
Ardenne - fronte occidentale - 16 dicembre 1944 - 27 gennaio 1945
L'offensiva delle Ardenne (operazione Herbstnebel) si caratterizzò per il tentativo tedesco di sferrare una grande offensiva strategica in inverno ed in un terreno prevalentemente boscoso e con scarse vie di comunicazione, contando sulla sorpresa, sulla superiorità numerica locale e sulla prevista assenza delle superiori forze aeree alleate a causa del maltempo. Nonostante grandi sforzi organizzativi, l'impresa si rivelò superiore alle possibilità tecnico-logistiche della Wehrmacht nel 1944; soprattutto a nord, dove doveva attaccare con risultati decisivi la 6. Panzerarmee, costituita da quattro potenti Panzer-Divisionen delle Waffen-SS. A causa di enormi difficoltà di movimento, di carenze logistiche ed anche per la strenua resistenza delle difese americane, rinforzate da efficienti reparti di carri e tank-destroyers, l'avanzata venne presto frenata ed anche il kampfgruppe Peiper, che era riuscito a penetrare in profondità, si trovò isolato e dovette battere in ritirata, perdendo tutto il materiale. Anche l'impiego dei carri pesanti Königstiger, a causa dell'impervio territorio e della situazione tattica sul terreno, si dimostrò non risolutivo. Maggior successo ottenne la 5. Panzerarmee nel settore meridionale delle Ardenne; in questa zona le Panzer-Division della Wehrmacht, riuscirono a sfondare le linee americane e ad avanzare verso i nodi di comunicazione di Saint-Vith e Bastogne. I tentativi delle riserve corazzate americane di fermare l'avanzata vennero respinti dai panzer della 2. Panzer-Division e della Panzer-Lehr-Division che manovrarono con abilità lungo le vie di comunicazione, sbaragliando i carri americani della 9ª e della 10ª Divisione corazzata, impiegati a piccoli gruppi separati e quindi non in grado di contrastare a lungo il nemico.Anche in questo settore però alla fine i tedeschi non riuscirono a conseguire la vittoria strategica: gli americani mantennero il possesso di Bastogne, intralciando quindi in modo decisivo la libertà di comunicazione delle colonne tedesche, difficoltà logistiche e carenze di carburante rallentarono l'avanzata dei panzer e permisero agli alleati di mobilitare le loro grandi riserve, un miglioramento del clima permise un intervento in massa delle aviazioni anglo-americane. Giunte in vista della Mosa ma ormai sfiancate, le Panzer-Division di punta del 47ºPanzerkorps vennero contrattaccate dalla 2ª e 3ª Divisione corazzata americana e dovettero ripiegare dopo aver subito dure perdite. La grande offensiva di Hitler era fallita: per molte settimane le forze tedesche si sarebbero battute ancora tenacemente per contenere la controffensiva alleata e si sarebbero verificati ancora scontri tra mezzi corazzati con dure perdite per entrambe le parti, ma ormai gli alleati avevano superato il momento critico.
|
|
Ungheria - Fronte orientale - 1944-1945
A partire dal settembre 1944 fino alla primavera 1945 le ultime grandi battaglie di carri armati della guerra sul fronte orientale vennero combattute nelle pianure ungheresi tra sempre più numerose forze corazzate tedesche, progressivamente trasferite in questo settore da Hitler anche contro il parere dei suoi generali superiori, e le potenti unità meccanizzate dell'Armata Rossa impegnate in una continua offensiva combinata per occupare tutta la regione balcanica. Nella ampia e scoperta Puszta ungherese le Panzer-Division poterono dare dimostrazione per un'ultima volta della loro abilità nelle manovre combinate ai fianchi e alle spalle delle colonne mobili nemiche; durante i ripetuti scontri tra mezzi corazzati a Cluj-Napoca, a Debrecen e a Nyíregyháza, i reparti corazzati tedeschi sorpresero spesso le avanguardie corazzate sovietiche della VI Armata corazzata della Guardia e del Gruppo di cavalleria meccanizzata Pliev, infliggendo una serie di sconfitte tattiche al nemico e rallentandone la inesorabile avanzata. Tuttavia i corpi corazzati e meccanizzati dell'Armata Rossa, più numerosi e meglio equipaggiati, passarono presto al contrattacco e proseguirono la dura avanzata, avvicinandosi a Budapest.Un primo tentativo del 2° e del IV Corpo meccanizzato della Guardia di conquistare la capitale ungherese ai primi di novembre venne contrastato con successo da un nuovo schieramento di quattro divisioni corazzate tedesche prontamente richiamate dall'area di Debrecen, ma l'Armata Rossa, manovrando con abilità sui fianchi, riuscì infine il 24 dicembre ad accerchiare la città, dopo aver sconfitto i ripetuti tentativi di tre Panzer-Division fresche appena arrivate in Ungheria. Errori tattici del comando tedesco e le difficoltà del terreno paludoso limitarono l'efficacia di queste truppe corazzate. Non disposto a cedere Budapest, Hitler decise alla fine dell'anno di trasferire in Ungheria anche il 4º Panzerkorps-SS con due divisioni corazzate Waffen-SS, che il 1 gennaio, il 7 gennaio e il 18 gennaio sferrarono tre nuovi tentativi di controffensiva per sbloccare la città (operazione Konrad). Colti di sorpresa dalle manovre tedesche le difese sovietiche furono spesso in difficoltà, ma il clima invernale, il terreno impervio e paludoso, il pronto accorrere delle riserve corazzate sovietiche, permisero alla fine di neutralizzare tutti questi attacchi e di schiacciare definitivamente le difese di Budapest il 13 febbraio 1945. La battaglia però non terminò con la caduta di Budapest, al contrario, Hitler trasferì a febbraio proprio in questo settore anche la 6. Panzerarmee con le quattro divisioni corazzate Waffen-SS reduci dal fallimento delle Ardenne, per sferrare una grande offensiva con almeno dieci Panzer-Division nel settore del lago Balaton. L'operazione Frühlingserwachen vide l'impiego di quasi 1000 carri armati tedeschi, ma a causa anche del terreno quasi impraticabile per il disgelo primaverile e delle grandi difficoltà logistiche, i risultati dell'offensiva furono molto deludenti. I sovietici organizzarono una solida difesa anticarro che rallentò l'avanzata nemica, e quindi scatenarono la controffensiva sul fianco sinistro delle colonne tedesche con la VI Armata corazzata della Guardia, minacciando di accerchiare la 6. Panzerarmee. I tedeschi riuscirono infine a sfuggire ripiegando precipitosamente, abbandonando molti mezzi e molto materiale; la 6. Panzerarmee e le altre formazioni corazzate tedesche uscirono molto indebolite da questa battaglia e quindi non furono più in grado di sbarrare la via di Vienna.